Home » , , » The GrandMaster, una biografia in cui la violenza si esprime attraverso l'arte.

The Grandmaster (Yut doi jung si) è un film del 2013 scritto e diretto da Wong Kar-wai e interpretato da Tony Leung e Zhang Ziyi. È basa...

The Grandmaster (Yut doi jung si) è un film del 2013 scritto e diretto da Wong Kar-wai e interpretato da Tony Leung e Zhang Ziyi.

È basato sulla vita di Yip Man, maestro di arti marziali Wing Chun e mentore di Bruce Lee.

della prima versione, mai proiettata in pubblico e della durata presunta di circa 4 ore, si contano tre diversi montaggi: la versione cinese di 130 minuti, quella europea di 122 minuti vista in anteprima al Festival di Berlino, e quella americana, distribuita dalla Miramax, di 108 minuti.

La versione europea, vista anche in Italia, differisce da quella originale soprattutto nella seconda parte. È stato infatti omesso un lungo dialogo notturno tra il protagonista e il vecchio Jiang che ha per argomento il triste destino toccato a Gong Er. Di contro, è presente un corposo flashback in cui Gong Er ricorda se stessa da bambina, in inverno, intenta ad ammirare di nascosto gli esercizi di Kung-fu del padre e subito dopo, alla soglia dei venti anni, mentre pratica in prima persona la sacra arte. Nella versione europea viene inoltre fatto cenno a un secondo incontro (dopo un primo sul treno) tra Gong Er e "il rasoio", anche se non viene chiarito se i due abbiano una vera conversazione o inizino una qualche relazione. Differente anche il finale: la versione cinese si chiude con delle immagini delle statue buddiste, mentre quella europea termina con la fotografia in b/n di Yip Man in compagnia dei suoi allievi, per poi riaprirsi, a titoli di coda già avviati, con un breve segmento in cui lo stesso guarda in macchina e pone al pubblico una domanda.
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Trama.

Il film ripercorre alcuni momenti della vita di Yip Man, lasciandone volutamente in ellissi molti altri. Molto spazio è dato anche ai personaggi di:

Gong Yutian, anziano maestro del Nord a cui si deve l'incontro tra diverse scuole e stili diversi, e che è ora in procinto di ritirarsi;
Gong Er, sua figlia, erede unica della tecnica delle "64 mani";
Ma San, allievo ingrato ed ambizioso, che ucciderà il proprio maestro;
Yixiantian detto "il rasoio", spia nazionalista e nemico giurato del governo fantoccio voluto dagli invasori giapponesi.
Al centro del film ci sono due scontri principali: quello tra Yip Man e Gong Er, all'interno di un lussuoso bordello, che si chiude con una sostanziale parità facendo al contempo sbocciare un sentimento d'amore tra i due (mai trasformatosi in una relazione), e quello tra Gong Er e Ma San, che ha per luogo una stazione ferroviaria e che termina con il ferimento e l'umiliazione di quest'ultimo. Nell'ultima parte si conosce il destino dei protagonisti: Gong Er muore di malattia dopo aver dedicato tutta la vita alla causa delle arti marziali in onore del padre, mentre Yip Man si trasferisce ad Hong Kong dove contribuisce alla diffusione del Wing Chun.

grandmaster-poster

Interpreti e personaggi.

Tony Leung: Yip Man
Zhang Ziyi: Gong Er
Cung Le: Tiexieqi
Song Hye-kyo: Cheung Wing-sing
Chang Chen: Razor Yixiantian
Julian Cheung:
Zhao Benshan: Ding Lianshan
Leung Siu-lung:
Wang Qingxiang: Gong Yutian
Zhang Jin: Ma San
Shang Tielong: Jiang

Doppiatori italiani.

Antonio Sanna: Yip Man
Valentina Mari: Gong Er
Carlo Valli: Gong Yutian
Christian Iansante: Ma San
Paolo Marchese: Jiang

grandmaster

La figura di Ip Man è già stata affrontata dal cinema anche con un buon esito come nel caso dei film di Wilson Yip che sta costruendo sul Maestro una sorta di saga. Si è però sempre rimasti nell'ambito della biografia fortemente romanzata in cui i combattimenti prevalevano su qualsiasi altra opzione. Wong Kar Wai (dopo 8 anni di preparazione, l'avvio delle riprese nel 2009 e il completamento della post produzione all'ínizio del 2013) trova invece in questa storia un'occasione per una sintesi del proprio modo di fare cinema. I suoi film elevano all'ennesima potenza il gioco di luci ed ombre che percorre le esistenze sia sul piano formale che su quello delle vicende portate sullo schermo. Il piacere (talvolta di un estetismo un po' fine a se stesso) che pervade ogni singola inquadratura trova ora nei gesti dell'arte marziale un universo da esplorare in cui la violenza si esprime attraverso l'arte, un'arte che è frutto di lungo tirocinio. L'avere scelto come coreografo dei combattimenti Yuen Wo Ping (Matrix, Kill Bill, tra gli altri) mette in evidenza quanta attenzione andasse offerta alla musicalita' del movimento.

Sul piano della narrazione poi la vicenda di Ip Man e Gong Er si adatta alla perfezione a quell'universo di relazione tra i sessi che ha sempre affascinato il regista. Sono le storie 'impossibili' quelle che lo attraggono. Storie in cui è l'impedimento a dominare, in cui l'amore è incandescente ma costretto dagli stessi protagonisti a covare sotto uno strato di cenere che lo soffoca senza spegnerlo. Ecco allora che la superficie scabra ma colorata che apre il film viene progressivamente oscurata fino a divenire nel finale un magma in cui domina l'oscurità. Perché se nel kung fu, come diceva Ip Man, "esistono solo due parole: orizzontale e verticale. Commetti un errore-orizzontale. Sei l'ultimo che resta in piedi e vinci", nell'amore si fanno largo innumerevoli variazioni rispetto a questi due estremi. I protagonisti del cinema di Wong Kar Wai ne soffrono esistenzialmente la presenza, talvolta perdendosi per ritrovarsi e talaltra ritrovandosi per poi perdersi in un'inquietudine mai del tutto sopita.

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1 commento:

  1. Il film è troppo lento e monotono, persino in quell'elemento che avrebbe dovuto spezzare il ritmo della narrazione: i combattimenti, i quali peraltro non appaiono svolti in modo impeccabile per posa e tecnica. La trama presenta troppi elementi inutili: episodi e personaggi privi di senso nell'economia narrativa, e che sembrano inseriti a scopo riempitivo deviando inutilmente l'attenzione dello spettatore. La scelta di puntare su un certo manierismo visivo dà la sensazione di voler coprire proprio queste pecche. Inoltre la scelta registica di insistere ossessivamente sui primi piani dei volti risulta sciagurata, perché gli attori sono quasi sempre di scarsa espressività. Un film deludente, ma anche l'ennesima conferma di una regola spietata del mondo dello show: le lavorazioni troppo lunghe partoriscono quasi sempre risultati modesti.

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